Il nuovo Mondiale per club cambia le gerarchie: Sudamerica in grande spolvero, Europa in affanno

La prima edizione del Mondiale per club con 32 squadre si presentava come un vero e proprio termometro per misurare lo stato di salute del calcio a ogni latitudine. Pep Guardiola l’aveva anticipato: "Giocheremo contro squadre di Oceania, Asia, Sudamerica... con filosofie diverse e culture calcistiche differenti. Lo vedo come un’opportunità positiva".
Ci si aspettava però una netta superiorità dei club europei, che, per ora, non si sta verificando. Anzi, la CONMEBOL non solo tiene testa alla UEFA, ma sta addirittura avendo la meglio, visto che negli scontri diretti finora disputati tra squadre europee e sudamericane il bilancio è sorprendente, come è stato inaspettato il successo del Botafogo sul PSG (0-1), che ha interrotto una lunga astinenza: era dalla vittoria del Corinthians sul Chelsea nel 2012 che un campione della Libertadores non batteva il vincitore della Champions.
"Abbiamo colpito il PSG con il loro stesso veleno", ha dichiarato l’allenatore Renato Paiva, esaltando il coraggio e la qualità del calcio brasiliano. L’intensità e la competitività delle squadre della CONMEBOL hanno impressionato anche in Europa. "Pensiamo spesso che il calcio esista solo qui, ma in Sudamerica si gioca un calcio eccellente", ha ammesso Niko Kovac. Xabi Alonso ha rincarato la dose: "Fuori dall’Europa ci sono grandi squadre. Questo torneo ci aiuta a capirlo". Il dibattito è aperto. La distanza tra Europa e Sudamerica, per ora, è meno grande di quanto ci si potesse aspettare.
